La via della rivoluzione, che ci proviene dal presidente Ho Chi Minh, è scritto con estrema semplicità di linguaggio. Egli stesso chiarisce che il testo vuole essere “facile da comprendere e da ricordare”, affinché “il popolo ci rifletta e, avendo riflettuto, si svegli, poi, svegliato, si alzi e, tutti insieme ci si metta a fare la rivoluzione”.
Lo stile e la speranza di questo libro stanno nella parola rivoluzione. Ho Chi Minh, insistendo sulla necessità di uno sforzo comune, sull’unione delle forze, sull’agire collettivo per uno scopo condiviso, così indica le peculiarità essenziali del progetto di trasformazione sociale: il suo carattere di massa, l’unità di azione, la coscienza collettiva.
Un insegnamento, questo, a carattere universale, che ben può chiarire alcune ragioni delle sconfitte delle sinistre moderne nel mondo occidentale.
Nulla di più moderno per il far politica oggi è la ricerca di vie per una nuova società e, per fare questo, è necessaria la riscoperta della dimensione collettiva organizzata dell’agire per la trasformazione – unico “antidoto” efficace per passare da spettatori delle vicende politiche, da tifosi di un contendente in campo (di qui il populismo) a quello di protagonisti; per passare dalla resistenza, senza la quale non esisterebbe una politica per le classi subalterne, al progetto, senza il quale non vive un’alternativa di società. In questo senso, l’invito alla riflessione, quanto meno la speranza di una riflessione dopo la lettura del testo, auspicati dallo stesso Ho Chi Minh, appare di grande attualità.