Piccola introduzione allo studio della questione di genere nella regione indocinese, fra Kinh (Vietnamite), Hmong, Dao e Cambogiane; pubblicato in occasione della omonima Mostra fotografica, presentata in occasione della manifestazione “LE PIAZZE DELLE DONNE” – Torino – 7 marzo 2004.
La «regione indocinese», ovvero quell’area geografica così definita, sull’onda di antiche ripartizioni amministrative coloniali, accoglie tre nazioni bellissime eppur poco conosciute nel nostro paese. Si tratta di Việt Nam – «il luogo dalle mille sfumature di verde», Laos – «la terra degli elefanti» e Cambogia – l’antico regno di Angkor.
Alle donne di questi paesi, si è voluto rivolgere l’attenzione, con un primo omaggio, un primo tributo rivolto a donne tanto diverse quanto egualmente partecipi delle contraddizioni che la quotidianità, nelle rispettive aree di insediamento, impone loro. Vietnamite, cambogiane dao e hmông del Việt Nam nord-occidentale sono, pur in misura diversa, ancor oggi al centro delle principali contraddizioni fra tradizione e modernità.
Se confrontarsi con gli elementi fondamentali della modernità post-coloniale (sviluppo economico talvolta vertiginoso, come nel caso del Việt Nam, liberalizzazione del mercato, nuovi valori e modelli culturali ed economici, nuove migrazioni) comporta rinnovate consapevolezze ed istanze per le donne, in taluni casi, la maggiore difficoltà resta ancora per molte, il necessario superamento del pregiudizio tradizionale.
È così per le donne cambogiane: secondo la storia leggendaria della Cambogia, la donna è simile all’ovatta bianca, mentre l’uomo è come gemma preziosa. «Quando l’ovatta è sporca, ammonisce la tradizione – non può più essere lavata sino a ritrovare il candore iniziale, mentre una gemma per quanto sporca, potrà sempre essere resa ancor più brillante»…Ma che valore viene ad assumere questo precetto khmer oggi, dopo l’olocausto di Pol Pot, fra le operaie che prestano lavoro sottopagato nelle fabbriche e fra coloro che la miseria induce alla strada, alla migrazione «sessuale» o a vendere i propri figli per pochi dollari?